Definizione in breve: scompenso cardiaco è una definizione equivalente a scompenso cardiocircolatorio, e spesso associata o confusa con scompenso cardiorespiratorio e sta ad indica un quadro clinico molto avanzato, grave, e comune a tutte le patologie del cuore nel loro stadio finale. Significa che prima o poi una patologia non curata porterà inevitabilmente ad una insufficienza di quest’organo (il cuore) e del sistema a cui presiede (il sistema cardio-circolatorio) che perderà funzione fino a livelli fatali. Lo scompenso può essere quindi evolutivo, ma anche reversibile: acuto (ad esempio in conseguenza di una aritmia, o di un infarto), cronico (ad esempio molti anni dopo un infarto, o per una patologia delle valvole cardiache) e anche acuto su cronico (ad esempio in un cuore già compromesso per un precedente infarto su cui subentra una crisi ipertensiva, o un‘aritmia inaspettata).
Quali sono i sintomi?
Clinicamente uno scompenso si manifesta principalmente con la fame d’aria, ovvero la dispnea, l’affanno, la necessità di stare seduti e l’incapacità di stare stesi, ma anche con la facile affaticabilità, ovvero astenia e stanchezza che invalidano il quotidiano e infine con percezione di un ritmo cardiaco alterato.
Quali sono i segni?
Principalmente difficoltà respiratoria e cumulo di liquidi nel terzo spazio con edemi declivi, gambe gonfie e turgore giugulare.
Che cosa è il sistema NYHA?
È una classificazione clinica, vecchia ma ancora molto utilizzata, che si basa su segni e sintomi per quantificare l’invalidità dovuta alla insufficienza cardiaca. Essa utilizza 4 classi (25-50-75-100% di invalidità): in pratica una classe NYHA 1 è un paziente che ha difficoltà a salire le scale perché affanna, una classe NYHA 3 non riesce a dormire steso, riposa probabilmente da seduto ed ha quindi un decubito ortopnoico obbligato. Una classe NYHA 4 è incompatibile con la vita. Classi NYHA 3 e 4 vanno ospedalizzate e dalla classe 2 in poi si intraprendono terapie più severe e non solo farmacologiche.
Come si ottiene principalmente la diagnosi strumentale?
Lo scompenso cardiaco è un quadro complesso e tuttavia il paziente potrebbe interessarsi, ovvero concentrare la propria attenzione anche su un solo e singolo esame: l’ecocolordopller cardiaco, da ripetere periodicamente nel corso di una visita cardiologica. Strumentalmente, infatti, il quadro di scompenso corrisponde, ovvero viene quantificato, da un deficit della pompa cardiaca che si evidenzia con l’ecocolordopller cardiaco valutando il parametro detto frazione di eiezione ventricolare sinistra (FEVS), ovvero esprimendo con un numero percentuale (ad esempio 35%) la funzionalità del cuore. Cuori sani hanno una FEVS superiore al 50%, cuori severamente compromessi scendono sotto il 35%
Come si cura lo scompenso?
Con norme comportamentali ed alimentari, con tutti i presidi medici disponibili fino alla massima dose tollerata dal paziente e infine con terapia meccaniche, ovvero con un intervento (terapia elettrica dello scompenso cardiaco).
É una situazione reversibile?
Quando acuto è reversibile se si interviene in tempo, nelle situazioni croniche è invece difficilmente reversibile, ma si può ridurre al minimo, ovvero si può ri-compensare, mediante presidi farmacologici e chirurgici.
Quali sono i pazienti più a rischio?
Chi ha già avuto problemi di cuore, in particolare un infarto. L’intervento di aritmie, inoltre, in particolare la fibrillazione atriale è un noto segno di peggioramento dello scompenso.
Quali esami deve svolgere un paziente con scompenso cardiocircolatorio e con che cadenza?
Sicuramente una visita cardiologica ed aritmologica con elettrocardiogramma ed analisi del sangue complete 3 volte l’anno (ogni 4 mesi). Raramente i controlli in eccellente compenso clinico possono essere spostati ogni 6 mesi, ma non si dovrebbe andare oltre questo tempo. É inoltre prevedibile, ovvero programmabile, un ricovero clinico ogni anno per tentativi di compenso farmacologico con farmaci endovena, ovvero per periodici aggiornamenti sia in diagnosi strumentale che in terapia. Ogni sei mesi andrà svolto inoltre un ecocolordopller cardiaco, un holter ecg delle 24 ore e se possibile un test da sforzo. Una volta l’anno è utile anche un ecococolordopller dei distretti vascolari, ad esempio dei stronchi sovra aortici. Ogni due anni si svolgerà una rx torace.
Il paziente può svolgere misurazioni da solo al domicilio?
Si, egli può controllare il proprio peso, lo stato degli edemi, la quantità di urine, ovvero il bilancio delle entrate e delle uscite e la pressione arteriosa
Che cosa è un defibrillatore/ICD?
ICD sta per Intra Cardiac Device, sinonimi sono defibrillatore automatico, defibrillatore semiautomatico, defibrillatore impiantabile e AICD. Trattasi di una protesi intra-cardiaca molto avanzata e composta da una batteria grande quanto due quadranti di orologio e collegata ad 1, 2 o 3 cateteri che sono infilati all’interno del cuore. Il sistema si impianta, ovvero è visibile, sotto la spalla, ovvero in zona sub-claveare indifferentemente sinistra o destra, ed è generalmente posizionato in piano sottocutaneo sovra-muscolare, ma in casi selezionati anche in piano sotto-muscolare. Da questa posizione la batteria alimenta i cateteri che arrivano internamente nelle camere cardiache per riconoscere il ritmo del cuore e intervenire ad aiutarlo se risultasse troppo lento, o troppo veloce, o in caso di arresto cardiaco, ovvero di aritmie maligne e fatali per il paziente. L’intervento è indicato quindi in prevenzione primaria o secondaria di morte improvvisa aritmica per cause cardiache. La prevenzione secondaria, ovvero successiva a un evento aritmico probabilmente mortale, è più rara perché presuppone che un paziente sia sopravvissuto, ad esempio durante il trasporto o la degenza in ospedale. Da circa 10 anni, tuttavia, si è capito che pazienti con FEVS molto basse, ovvero con scompenso cardiaco avanzato, svilupperanno inesorabilmente tale evento cardiaco fatale che limiterà la loro sopravvivenza significativamente e in tali pazienti si impianta dunque la protesi prima che sopraggiunga la morte e così garantendo una vita duratura. Il defibrillatore ICD è infatti definito salvavita e funziona come quelli esterni che si vedono nei film quando si resuscita un paziente il cui cuore non batte. La macchina eroga una scarica elettrica all’interno del cuore facendolo ripartire e salvando la vita del soggetto, ma non solo poiché permette anche le terapia anti bradicardiche, ovvero la stimolazione in caso di frequenza cardiaca troppo bassa, il monitoraggio degli eventi aritmici e addirittura il supporto meccanico di un cuore malato.
Che cos’è la terapia elettrica dello scompenso cardiaco?
Argomento complesso in aritmologia e tuttavia spiegabile con semplicità. In breve anche detta CRT, Cardiac Resincronization Terapy, ovvero Terapia Resincronizzante Cardiaca, è una terapia meccanica, ovvero che si esegue mediante un defibrillatore cardiaco impiantabile più avanzato del classico defibrillatore e detto biventricolare, o tricatetere, o tricamerale, o multi sito (proprio perche 3 cateteri abbracciano molti siti, ovvero molte parti del cuore). Tale defibrillatore, insomma, somma alla funzione base di defibrillazione, ovvero alla interruzione di aritmie maligne pericolose per la vita, il supporto del cuore mediante un filo extra che lo circonda e lo fa battere adeguatamente. È stato infatti studiato che cuori scompensati, ovvero severamente danneggiati ad esempio a seguito di un infarto, hanno una alterazione della propria cinetica, ovvero della propria contrazione e quindi stimolando il muscolo con una sequenza elettrica corretta, si ripristina parte della funzione contrattile migliorandola. Come una gamba che non funziona e che viene circondata da una struttura metallica intelligente che gli permette il corretto movimento.
Quando si impianta un defibrillatore?
Ci sono linee guida internazionali che prendono in considerazione valori obiettivi e riproducibili da diversi medici e in diverse strutture. Insomma non è dato al parere e all’esperienza del singolo, ma ad alcune regole condivise da tutti i cardiologi e aritmologi nel mondo. In U.S.A. il cate off, ovvero il limite entro cui deve essere eseguito l’intervento, è per frazioni di eiezioni (FEVS) inferiori al 40 %, in Europa per FEVS inferiori al 35%. Il parametro più importante è quindi questo numeretto percentuale rilevato strumentalmente e conta meno la situazione clinica del paziente. Si potrebbe domandare se un paziente con 35% di FEVS ma buone condizioni cliniche debba ugualmente sottoporsi a tale intervento, ma la risposta più ovvia è che è impossibile che un paziente con questo valore così basso, il 35% della funzionalità cardiaca, stia bene e non abbia sintomi e limitazioni. Il numeretto percentuale, insomma, correla esattamente con lo stato clinico del soggetto e l’intervento di impianto del defibrillatore serve primariamente a non far morire l’ammalato per morte improvvisa aritmica e secondariamente a correggere entrambe le situazioni, sia quella strumentale che quella clinica.
Quando si esegua la terapia elettrica dello scompenso cardiaco in sommazione all’impianto di un ICD, ovvero quando un ICD esegue anche CRT?
In casi selezionati, ovvero quando è dimostrata la desincronizzazione del muscolo cardiaco, oltre che la sua insufficienza. Insomma quando un cuore è purtroppo talmente ammalato da necessitare anche di questo presidio extra per il suo supporto.
Il pacemaker è utile nello scompenso cardiocircolatorio?
Tutti i defibrillatori hanno anche la funzione di pacemaker, ovvero supportano il cuore in caso di frequenza basse. In effetti una indicazione all’impianto di pacemaker e defibrillatori è proprio al necessita di somministrare cronicamente, a vita, farmaci che rallentino il cuore e quindi ci si avvale di un pacemaker per evitare il rischio che i farmaci lo blocchino del tutto, ovvero per permettere al cardiologo di utilizzare dosaggi più massicci in sicurezza. La terapia elettrica dello scompenso cardiaco, inoltre, ovvero il supporto meccanico del cuore mediante 3 cateteri è applicabile anche a un pacemaker oltre che al classico defibrillatore.